Ora, la vicenda di Asti, dove la Corte entra in aula il giorno in cui dovrebbe sentire l’arringa delle difesa e pronuncia la sentenza già scritta, è molto più di una incredibile gaffe. E’ un episodio limite che racconta in modo iperbolico e paradossale come l’idea di giusto processo e di parità tra accusa e difesa nel processo penale è rimasta una pia intenzione, una favoletta, nel nostro sistema giudiziario.
Cosa c’è di “giusto” e di “paritario” in un sistema in cui le procure procedono a un uso così massiccio di misure cautelari, con carte che finiscono sui giornali come verità sostanziali, sostanzialmente celebrando processi sommari senza contraddittorio, a volte incensati dalla stampa con toni da trionfo del Cesare (sorvolo per carità di patria sui casi più recenti come quelli di questa settimana)? Andate a cercare cosa paga ogni anno lo Stato di risarcimenti a gente arrestata che non doveva essere arrestata. Cosa c’è di paritario in processi in cui la gran parte delle prove che si discutono nel procedimento sono intercettazioni (siamo il Paese europeo più intercettato con numeri monstre rispetto agli altri)? Chi decide quali intercettazioni finiscono nel fascicolo? Chi sceglie quali parole carpite debbano entrare nel processo se non l’accusa? E se ci sono parole che invece scagionassero l’indagato o ne alleggerissero la posizione, chi se non l’accusa e solo l’accusa ha il potere di farle entrare o meno negli atti? Quanti gup in quel rito ormai svuotato di buona parte di senso che è l’udienza preliminare dispongono che non ci siano elementi per andare a processo? Con quale frequenza statistica ciò avviene? Quante volte le richieste del collega magistrato pubblico ministero vengono stoppate dal collega magistrato giudice in fase di udienza preliminare risparmiando allo Stato e all’imputato un processo che non ha speranza di arrivare alla condanna e servirà solo a fare perdere tempo e soldi allo Stato e a devastare la vita di chi dovrà difendersi (sine die, adesso, con la soppressione della prescrizione introdotta dal ministro della famosa scenetta sul reato che diventa colposo)? Quale peso avrà nell’avanzamento di carriera di un magistrato il suo ruolino di processi imbastiti e finiti nel nulla? Quale peso avrà la supremazia di magistrati inquirenti nell’organo di autogoverno della magistratura, quel Csm travolto da uno scandalo ibernato, che ha competenza anche sui magistrati giudicanti?
Ma avevate davvero bisogno dell’agghiacciante vicenda da barzelletta di Asti per provare un brivido che fa accapponare la pelle quando si parla di giustizia in Italia?